giovedì 14 marzo 2013

AMICI PER LA VITA

Quand’ero ancora piccolino, a tre o quattro anni, la casa di Panini era la più vicina alla mia, a circa 160 metri di distanza. Il confine fra i relativi poderi era a circa metà strada, una carreggiata che univa le due abitazioni ed anche la terza, in fila, vicina all’argine del fiume Panaro. 

Le tre case allineate al Campazzo, vicino all'argine del Panaro.
La mia casa  era quella in mezzo. La famiglia Panini abitava in quella a destra

Tutto questo terreno era coperto da una folta vegetazione di piante per il sostegno delle viti per l’uva e per le foglie che costituivano un alimento privilegiato per le mucche da latte per il formaggio Parmigiano-Reggiano. 
Sfiandrine

Nella casa di Panini c’era un altro bambino come me, Guido, col quale feci subito una grande amicizia, anche perché tutto intorno altri bambini come noi c’erano solo a distanze non raggiungibili alla nostra età. 

Il punto di ritrovo era presso l'olmo bianco (in dialetto “l’olom bianc”) che in effetti non era né un olmo, né bianco, ma un vecchio pioppo secco che aveva perduto la scorza e quindi era liscio e di colore chiaro. 

Questo si trovava presso il confine quale prima pianta del filare, alto, dritto alle due case e che durò per diversi anni. Alla base di questo nascevano spesso dei folti cespugli di funghi prelibati, le sfiandrine, che portavamo alla moglie del Padrone, la signora Jone Barbolini che a volte, ma non sempre, ci dava qualche caramella o zolletta di zucchero !


A volte ci spingevamo fino quasi a casa mia o a casa sua per giocare mentre i grandi erano al lavoro e ci chiamavano ogni tanto da lontano. 

Un giorno che a casa nostra, dietro la stalla, stavamo giocando ed imbrattando una parete, arrivò lì Ruggero, il padre di Guido, che lo sgridò piuttosto severamente. Lui corse via rapidamente verso casa ed io mi presi una gran paura. Da allora stetti lontano dalla loro casa per molto tempo prima di rifare la pace. 

L’occasione capitò quando un giorno che passavo da lontano, Ruggero mi chiamò e mi diede un “Mignon”, un cubetto di Wafer: a quei tempi era una vera leccornia. 

La nostra amicizia durò anche per tutto il tempo degli studi, anzi, proprio il fatto che Guido avesse continuato la scuola a Modena nel ’43, fu ciò che mi diede lo spunto, alla fine della guerra, nel ’45, perché potessi anch’io riprendere la scuola, dove il trio di amici del Campazzo, Panini, Bulgarelli e Tosatti, tutti di umile provenienza, si distinsero egregiamente, nell’Istituto F. Corni di Modena. L’amicizia restò tale in tutta la vita, anche se le diverse attività ci separarono ed attutirono i nostri contatti. 

Nel ricordo di quei primi tempi non posso sottacere il bene che i Tosatti hanno ricevuto da una grande famiglia come i Panini, servizievoli in tutto, che ci prestavano utensili ed attrezzi di tutti i tipi ed addirittura il più grande mezzo di trasporto e di traino, la somarella (“la Pina”) ed anche l’acqua, perché il nostro pozzo non era potabile. 

Guido Panini
Ai tempi della mia permanenza in montagna nel ’56, Guido mi aveva dato un valido aiuto nel cercare un’alternativa di lavoro (vedi Il Pantano d’Avio), e il padre Ruggero, che allevava le api, ci chiamava a sentire il miele (squisito!) durante la “smielatura” dei favi, che costruiva ed introduceva nei tronchi di olmo scavati a mò di arnie, difendendosi dalle api con una specie di lampada che faceva un po’ di fumo. 

Ricordo le corse che Guido faceva con un bellissimo cavallo sull’argine del fiume Panaro ed i primi approcci con le ragazzine nelle sale da ballo dei paesi vicini, i nostri racconti, le apprensioni degli studi, i confronti fra gli insegnanti, gli sberleffi fra di noi, alla sera al ritorno da scuola, sull’ingresso degli stradelli, dei Bulgarelli o del nostro. 

Ricordo ancora Silverio, il fratello minore, la moglie, Lucia e soprattutto la mamma, l’instancabile e mite Falcherina e Roberto, suo zio, con la moglie Venola Maria: anche loro avevano perso un figlio di cinque anni per meningite e Beppe, l’abile giocatore a Dama, pure lui venuto meno poco dopo essere andato in pensione, ed i nonni, l’Angiola e Guerrino, con le loro avventure e disavventure della vita. 

Tutte grandi persone, modeste, laboriose, serie. Ora, una vita dopo, quanti cari ricordi. Quante fatiche ed affanni, quante grandi amicizie, fatte veramente con il cuore, che ora non si trovano più, neanche fra coinquilini e a volte tra familiari. 

Le amicizie fatte fra bambini e fra ragazzi, non si dimenticano mai più!


1 commento:

  1. A parte il vostro territorio più ricco del territorio del Delta del Po, dove ho vissuto la mia infanzia, mi sembra che tu racconti anche la nostra storia per le molte similitudini.
    Mi viene il magone a pensarci.

    Cari saluti Nou.

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