giovedì 23 maggio 2013

Dino Ferrari, la Testarossa ed i ricordi di scuola.

Testarossa - Visita in officina a Maranello - Ottobre 1952

Ho già citato altrove la mia scarsa propensione agli sport, sia per la mia provenienza che per il momento in cui ho trascorso la mia gioventù dove i problemi di sussistenza non lasciavano molto spazio ad altre attività. Ma per la Formula 1, le gare mondiali delle auto da corsa, debbo fare alcune considerazioni particolari. 

Dino Ferrari
Ho studiato a Modena, all’ITIS Fermo Corni, negli anni dal 1945 al 1953, dove mi sono diplomato, perito meccanico e negli ultimi tre anni c’era nella mia classe, Dino Ferrari, figlio del grande Enzo Ferrari, pilota automobilistico, poi costruttore delle rosse, le auto da corsa più famose al mondo e che da allora gareggiano con l’insegna del cavallino rampante. 

Della Ferrari, allora nel mio mondo non si sapeva molto, le corse automobilistiche erano cose molto lontane dagli interessi della gente di campagna, sebbene nella vicina via Emilia, in qualche occasione si vedessero sfrecciare ogni quarto d’ora, potenti macchine con i piloti dai nomi famosi, come Fagioli, Ascari, Fangio, ecc.  Della Ferrari e della sua importanza ne avevo sentito parlare solo a scuola, dove Dino Ferrari,  veniva da Maranello con la “Testarossa”, una macchina potentissima.

Di Dino Ferrari, chiamato col diminutivo perché in effetti il nome era Alfredo, come si nota dalla locandina dei diplomandi in fondo a questo post, mi è rimasto un ricordo particolare. 

Dino, un ragazzo bonario, alto 1.90, affetto da distrofia muscolare, una malattia poco conosciuta allora, camminava con passo anchilosato, era allegro e gioviale, forse più incline alla letteratura che alla meccanica. Era ragazzo stimato e aiutato da tutti per la sua difficoltà nei movimenti, mentre nei discorsi era attento e gentile. 

Un giorno in torneria, dove la scuola era dotata di macchine antidiluviane, per esercizio dovevamo fare un pezzo molto eccentrico con una filettatura per interni, cosa abbastanza difficile. Qualcuno di noi gli aveva preparato il tutto: stretto il pezzo nel mandrino, preparato e montato l’utensile nella giusta posizione, tutto pronto per effettuare la filettatura; bastava innestare la marcia ed avanzare fino ad un indice predisposto. In quel preciso momento occorreva fermare subito il motore, spostare in avanti l’utensile fino ad uscire dal filetto ed innestare la marcia indietro del carrello fino all’uscita dell’utensile dal foro e quindi ripetere per una nuova passata. 

Così fece. Con un plateale “Avancez!” innestò la marcia, ma poi si distrasse un attimo, andando oltre l’indice di stop. Continuando oltre il fondo chiuso del filetto l’utensile si ruppe con assordante rumore, il pezzo in rotazione si svincolò dal mandrino e volò con gran trambusto fuori dalla finestra rompendo il vetro, per fortuna!. 

Accorremmo tutti a vedere cos’era successo, ma lui imperturbabile aggiunse ancora platealmente “Avancez trop!”, detto in un misto di francese e dialetto modenese, staccando la marcia, mentre noi scoppiammo in una solenne risata, tutti ad esclusione del Prof. Sig. Tavoni! 

Il 12/10/1952, era per noi l’ultimo anno per giungere al diploma, il padre di Dino, Enzo Ferrari, invitò, tutta la classe e gli insegnanti compresi, a Maranello per una visita alla Fabbrica Ferrari ed ad uno spumeggiante pranzo, in segno di gratitudine per l’attenzione nei confronti del figlio. 

La classe a pranzo da Dino ed Enzo Ferrari - Ottobre 1952
La visita alla Testarossa ed il pranzo, finito con una doppia fila di bottiglie vuote di Lambrusco lungo tutto il tavolo, si protrassero con un giro di visite a Bologna. Cadevano deboli fiocchi di neve quel giorno, cosa anormale ad Ottobre, ma a noi tutti parve Ferragosto.

Alla fine dell’anno scolastico, nel Luglio del ’53, i nostri contatti finirono ed ognuno si disperse verso il proprio futuro, mentre per Dino Ferrari il destino serbava un amarissimo epilogo con la sua morte, a soli 24 anni. 

Quando lo appresi, non ricordo da chi, rimasi molto sorpreso e costernato. Non avrei mai pensato o avevo sottovalutato che una simile malattia, allora poco nota, portasse alla morte in così breve volgere di tempo. 

Dino Ferrari, prima di lasciarci, fece in tempo a progettare il celebre motore V6 di 1986 cc con un angolatura tra le due bancate, di 65° per limitarne gli ingombri, sviluppato poi in diverse cilindrate e montato su alcune automobili che portano il suo nome.



Da allora per me, gli appuntamenti per assistere in TV alle gare della Formula 1, in tutte le parti del mondo sono rimaste un impegno prioritario, per la passione alle vicende del Cavallino rampante, per ricordo delle miei origini modenesi e nel ricordo di un caro amico di scuola: Dino Ferrari.


Diploma Istituto Tecnico Industriale "Fermo Corni" , 1952-1953


4 commenti:

  1. Ciao, Nou. Proprio così, allora, 65 anni fa, le cose andavano. Ma la gioventù affronta i sacrifici con il sorriso sulle labbra. Mi auguro che anche oggi ritorni questo spirito, ma all'orizzonte incombono nubi tempestose ed occorre ben altro vento di quello attuale per arrivare ai buoni risultati di allora. Grazie Nou.

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  2. Bellissimo questo post, mi sono davvero emozionata a leggerlo. Credo che il segreto del successo della Ferrari stia anche nelle persone che l’hanno creata, nel loro essere dei veri signori nel vero senso della parola, e non solo in senso economico. Forse è anche per questo, oltre che per il fatto che la Ferrari è un simbolo dell’italianità e quindi della nostra cultura e delle nostre radici, che poter guidare o – per chi è più fortunato – acquistare una Ferrari, trasmette delle emozioni che raramente altre auto riescono a dare. Grazie davvero per aver condiviso questo ricordo con noi lettori!

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  3. Muy interesante. Datos y fotografías inéditas. Cordiales saludos desde Spagna.

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  4. Salve. Mi capita di leggere ora questa pagina, per caso, navigando tematicamente sul web. Siamo quasi a fine febbraio del 2021. Complimenti per quello che ha scritto.
    Vorrei commentare meglio quello che ho letto, però mi basta così. La nostalgia e l'emmozione si sovrappongono. I ricordi personali sono anche i ricordi di una generazione di uomini, come lei, che hanno qualche merito nel nostro Paese Italia. Lei è della generazione che mi ha preceduto,io sono nato nel 47. Avete fatto tanto, credo, più di noi.

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