mercoledì 9 maggio 2012

ENICHEM RAVENNA: LA NASCITA - Parte prima

Al termine dei miei studi, con il diploma, nel ’53 di Perito Industriale specializzazione Meccanica, avevo spedito tante richieste di lavoro alle maggiori società d’Italia, scelte da un elenco che mi ero preparato già da molto tempo prima. 
Fra queste l’AGIP, una Società del Gruppo ENI, recentemente formata per attività in campo petrolifero, con sede a Cortemaggiore (PC). Avevo sostenuto un primo esame, a S. Donato Milanese e in risposta mi dissero che sarei stato tenuto in considerazione per un nuovo stabilimento a Ravenna.
Nel frattempo ero stato assunto presso una fornace prima, con mansioni di officina di manutenzione ed in un secondo momento presso la scuola di provenienza l’Istituto Tecnico Fermo Corni di Modena presso la sede distaccata di Monfestino per le materie di Tecnologia e Disegno delle classi di Avviamento professionale.

In seguito alle indicazioni di cui sopra, il 02/11/1955, mi recai a Ravenna per sapere quando avrei potuto essere chiamato e a che punto era questa nuova Fabbrica. L’arrivo alla stazione fu piuttosto deludente. Un densissimo nebbione avvolgeva tutto quanto e, alla richiesta di dove fosse l’ANIC (poi conosciuta come  Enichem) nessuno ne sapeva nulla, solo un tale, molto dimesso, mi indicò un torpedone azzurro in partenza, verso… la nebbia.

Questa “corriera” dopo qualche chilometro si fermò davanti ad un monumentale ingresso: capii che era il cimitero. Era il giorno dei morti. Verso Est si scorgeva appena la sagoma di due grandi torri. Pensando che fosse l’ANIC, chiesi come arrivarci. Mi dissero che dovevo tornare alla stazione ed andare dall’altra parte perché in mezzo c’era un grande canale, il Canale Corsini. Replicai che per l’ANIC mi avevano accennato quel mezzo ed allora mi indicarono una stradina che andava verso nord. Le due torri erano della SAROM.
Mi incamminai lungo quella via; ai lati i grandi pini sparivano nella nebbia, il tutto ovattato, mentre in lontananza si udiva solo lo sferragliare di trattori o bulldozer, ma tutto era immobile, ne una persona, ne un cane, ne un uccello, nulla. Era proprio il giorno dei morti.
Dopo circa un chilometro la strada si interrompeva. Da un lato, da un box in lamiera uscì un omino, vestito il borghese, ma con un berretto con scritto: ANIC. Alla mia richiesta mi disse che stavano “già” preparando l'area e che dopo avrebbero fatto la fabbrica lì.  Scampa cavallo !. Ritornai malinconicamente a Modena piuttosto depresso. Sarebbero trascorsi sedici mesi, prima di essere richiamato.

Nel frattempo, avendo vinto un concorso in Ferrovia ero stato assunto a Bologna, ma per solo undici giorni, perché in seguito ad un’altra domanda fatta molto prima alla EDISON di Milano, mi ammisero al Corso di formazione per Neodiplomati a Pallanza, sul Lago Maggiore.
La decisione non fu facile, perché mio zio Gino Dallari, dipendente delle Ferrovie a Bologna, che mi aveva indirizzato a quel concorso e che ne aveva seguito tutte le fasi, era orgoglioso del fatto che io, col numero 1111 fossi arrivato secondo, si diceva sicuro che io avrei potuto seguire una carriera importante e mi andava magnificando con tutti i conoscenti.
Scelsi lo stesso la Edison perché il Corso, di dieci mesi, era già per tecnici specialistici, per la possibile assunzione di seconda categoria (tutte le Ditte assumevano il personale in terza categoria o come operai) e soprattutto con assegno mensile di 55.000 £, il doppio circa delle Ferrovie. Lo zio era deluso per la mia scelta, il mio povero zio, che morì a sessantun anni, sei mesi dopo la pensione, per tumore da amianto (delle carrozzerie dei treni).

Il Corso di 180 diplomati, per assumerne 150, scelti fra i migliori degli Istituti italiani, fu il periodo più bello che io ricordo della mia vita. Lo stridente contrasto fra la mia misera provenienza e l’ambiente in cui fui catapultato, mi procurò qualche difficoltà e dovetti metterci il massimo della mia attenzione nel “copiare” comportamenti, il vestire, il parlare, il mangiare, insomma dalla stalla alle stelle. Rimaneva la paura dell’esclusione.
Specialmente il parlare: dal mio dialetto emiliano, da come mamma mi aveva insegnato, all’Italiano dei colleghi, provenienti da tutte le regioni, fu il primo “salto”, faccio un esempio: se dicevo una barzelletta in dialetto ai miei amici a casa, tutti ridevano; se dicevo la stessa barzelletta in italiano ai miei colleghi ora, non rideva nessuno.

Alla fine fui assunto. Destinazione SALCI, una Società per Costruzioni di dighe, per centrali idroelettriche, che operava in alta Val Camonica, sotto l’Adamello, allora un ghiacciaio, alla quota di 2550 mt., ( La diga del PANTANO D'AVIO (1955-1956): prime esperienze di lavoro); seconda categoria, stipendio £.68.000.  Era una cifra favolosa per me. L’inverno tra il 1955 ed il 1956 fu terribilmente freddo. La conclusione di questo periodo, a diga quasi ultimata, avvenne nel Giugno del ’56. Su richiesta mia ottenni un esame alla Necchi, Macchine per cucire. Fui assunto: terza categoria, uguale stipendio. Addetto al miglioramento tecnologico delle macchine automatiche, torni, rettifiche, fresatrici, ecc.

Nel Gennaio del ‘57 mi richiamò l’ANIC. La Fabbrica stava sorgendo.

Anic Ravenna

Disbrigate le pratiche per l’assunzione, che ora era urgente, fui assunto il primo di Marzo: Ufficio Collaudi. Seconda categoria, 80.000 £ di stipendio, più la casa nel costruendo Villaggio ANIC. Ero il n. 80 di oltre 3500 che sarebbero diventati dopo solo qualche anno, ma più di 1200 solo nel primo anno. Le ruspe stavano ancora lavorando.
Quando approdai all’ANIC era in allestimento la recinzione. Si stavano tracciando le strade interne. Cominciavano a sorgere i primi edifici, i magazzini, un agglomerato di abitazioni, dove fu approntato l’ “Ufficio Personale” e soprattutto enormi ponteggi per la costruzione delle allora altissime torri di raffreddamento e le grandi strutture metalliche per il Solfato Ammonico, per le Gomme, per la Centrale elettrica, per le “Sfere” del Parco serbatoi, per il Frazionamento aria, per il Trattamento Acque e le Officine.
Le attività erano frenetiche. Il primo anno fu una vita da pionieri. Ogni giorno arrivavano lunghe file di camion stracarichi di tutto: tubazioni, apparecchiature, macchine, motori, una marea di pali di rinforzo del terreno, poiché la fabbrica sorgeva sul terreno acquitrinoso del delta padano, strutture metalliche, di tutto e di più ed individuare dove ognuna cosa dovesse andare era problematico ed a volte impossibile.


Anic 1957 - Torre di raffreddamento in costruzione

Lo Stabilimento, allora di simile, in Italia, c’era solo la Montecatini di Ferrara, da cui provennero molti dei capi che gestirono egregiamente questa fase molto turbolenta, mentre tutti gli altri, a tutti i livelli, me compreso, faticavano a raccapezzarsi e questo stato contribuì molto a formare lo spirito organizzativo di ciascuno. Inizialmente lo Stabilimento era stato impostato per la produzione di gomme e concimi, solo dopo seguirono altre attività.
L’obbiettivo era di iniziare le produzioni base entro la fine dell’anno. Per quella data dovevano essere pronti tutti i servizi, aria, metano, vapore e tanti altri, compresi ovviamente gli impianti della gomma e dei concimi, ciascuno con i propri impianti accessori, come l’Acetilene, lo Stirolo, il Butadiene, l’Acetaldeide, il Parco Serbatoi, il Texaco, la Carbonatazione, l’Acido Nitrico, la prima parte dei Magazzini e la Sintesi Ammoniaca  con i grandi compressori Pignone e gli enormi motori rifasatori.
Il Pipe Rack, l’intralicciatura che correva a lato delle “Isole” per il collegamento delle tubazioni fra un impianto e l’altro fu il banco di prova per il riconoscimento degli elementi che componevano le linee per i fluidi più svariati e le montagne di flangie, curve, valvole, ma anche pompe e motori, ecc., erano ciascuna da riconoscere, da trovare, da stralciare dagli ordini, da verificare ed approntare per la loro definitiva destinazione, nelle 28 “Isole”.

L’obbiettivo fu largamente raggiunto. Il grande impegno mantenuto. Il progetto del Grande Enrico Mattei, uomo, prima che Capitano d’Industria e forse causa della sua disgrazia, era una realtà. Ravenna era cambiata. Da zona di pescatori e contadini era diventata la culla di un poderoso insediamento petrolchimico moderno, basato sul metano scoperto in mare e nel retroterra ravennate.

Enrico Mattei




6 commenti:

  1. Una bella testimonianza dell'Italia del dopo guerra e della voglia di rinascita dalle rovine.. Carlo

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  2. Complimenti, blog davvero bello e interessante... lavoro anch'io all'ANIC di Ravenna e nel tempo libero gestisco un blog di tecnologia.
    Saluti, tornerò a rileggerla. :)

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  3. Bel blog. Sono chimico e mi interesso di storia dell'industria chimica: grazie per aver condiviso queste informazioni e questi preziosi ricordi. Un caro saluto. Marco

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  4. Buongiorno. Grazie per aver condiviso queste informazioni e questi preziosi ricordi. Sono chimico e mi interesso di storia dell'industria chimica. Leggere pagine come quelle scritte da Lei è molto istruttivo. La ringrazio ancora. Un saluto. Marco

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  5. Marco, ti ringrazio. Se avrai l'occasione di leggere le successive quattro puntate di questo racconto di una parte importante della mia vita, che di questo voglio parlare, vedrai anche gli imponenti sviluppi di questo straordinario evento, e come ogni fatto, che nasce, cresce ed invecchia, ha lasciato una profonda impronta al passaggio, sul territorio, sulla città, ma ancor prima negli uomini, nelle famiglie, e primariamente sullo sviluppo della chimica in Italia, in competizione con gli altri stati, con la Germania in particolare, sulla produzione del PVC e del VINAVIL, di cui io mi onoro di aver contribuito significativamente alla crescita della tecnologia e dell'evoluzione nel rispetto dell'ambiente.

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  6. Gent.mo Sig. Tosatti, ritorno a lasciare un commento sul Suo blog dopo due anni (anche se in tutto questo tempo l'ho consultato silenziosamente più volte e non solo per la parte "industriale": ho letto anche le altre quattro "puntate" dedicate all'Anic, ma mi sono soffermato volentieri anche su altre pagine). Mi chiedevo se esistano (e siano fruibili) fotografie dell'impianto dell'Acetilene (qualcosa si trova on-line) e dell'impianto per l'Acetaldeide (che non immagino come possa esser fatto). Grazie per un'eventuale risposta! Cordiali Saluti e auguri di ogni bene. MC

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