lunedì 6 maggio 2013

La geofagia e i grandi cocomeri del "Nonno Bosco"

"Nonno Bosco"

Oggi si conoscono molte cose che fino a non molto tempo fa erano del tutto sconosciute. Una di queste cose assai bizzarra, riguarda l'abitudine di mangiare terra o argilla.  Questo fenomeno, noto come geofagia,   colpisce in prevalenza donne e bambini con problemi di salute e carenze minerali; gli ultimi studi riferiscono che l'assunzione di terra, seppure disgustoso, non pare essere così negativo come appare perché aiuterebbe a rafforzare l’apparato gastro-intestinale. 

Dopo aver letto questa informazioni i miei ricordi volano a quando ero molto piccino.

Era molto buono il mio povero nonno Accorsi Giovanni, “Nonno Bosco” come lo chiamavo perché abitava vicino ad un ex bosco, lungo la Via di Mezzo, che va da Nonantola a Ravarino, dove era nata la mamma. 
Io ero dai nonni perché da poco avevo cominciato a camminare, in campagna, e mi era venuta la pessima abitudine di mettermi in bocca, briciole di … terra.

.. geofagia
I miei genitori erano disperati, la mamma aveva fatto di tutto, legato le dita, chiuso in un recinto, sgridato, ma in campagna quelle briciole allora, erano dappertutto. Nelle scarpe, nelle sedie, nelle scope, nel cortile, ed io andavo deperendo giorno dopo giorno ed ero giunto allo stremo. Infine erano andati da una specie di fattucchiera, che aveva “benedetto” non so quale vestitino.

Niente. Non sapevano più cosa fare. I miei nonni trovarono il rimedio: la zia Martina, la sorella della mamma, allora tredicenne, credo, fu adibita alla mia sorveglianza. Mi faceva giocare, cercava di distrarmi, di sgridarmi, di impaurirmi, ma l’impresa era ardua.

Giocando a nascondino che era il mio gioco preferito, io andavo sempre a nascondermi dietro qualche sedia… sporca di terra. Ma non riuscii a mangiare tutto il mondo e quindi guarii. Tutto ciò solo per dire la ragione per cui mi trovavo dai nonni.

Nell’estate, credo del ’34 o del ’35, in campagna, in Luglio, passava “il cocomeraio” un ometto sgangherato, con un carretto pieno di cocomeri tirato da un asinello che vendeva i cocomeri ed i meloni prodotti nelle vicinanze e nel ferrarese.

Mio nonno, dopo un lungo contrattare, come era d’uso, aveva comperato tre cocomeri. Non era come ora che i cocomeri pesano 15 0 20 Kg, allora saranno stati due o tre chili.

Io, che ero con lui, chiesi di portarne uno a casa che era distante trenta o quaranta metri. Fatti però pochi passi, col cocomero fra la braccia, questo mi scivolò e cadendo, il cocomero maturo si spaccò in due.
Ma io, testardo e mio nonno buono, ne volli portare un altro.
A forza di insistere il secondo finì tra le mie braccine e per la seconda volta, dopo pochi metri mi sfuggì anche quello che crepò.
Fosse finita lì. Neanche per sogno. Tanto dissi, tanto feci e tanto insistetti che il mio povero nonno forse anche perché ancora gracile e malaticcio, mi diede anche l’ultimo cocomero … che dopo dieci metri subì la sorte degli altri due.   Il mio povero nonno era davvero troppo buono.


4 commenti:

  1. Grazie della storia. Mi hai messo una curiosità su questa abitudine di mangiare la terra!

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  2. Grazie Vitamina, sono ricordi molto lontani i miei. Ho visitato il tuo blog ed è davvero interessante, ricco di scritti, natura e foto bellissime.

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  3. che bella storia ! merita un disegno !!! ciao zio

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  4. Ciao Susanna, eccomi qui, con il collegamento internet aggiustato. Hai visto la foto del tuo bisnonno Giovanni Accorsi ? Forse voi a Trieste avete delle foto migliori. Non so se avrai tempo per fare l'illustrazione, ma nel caso la riceverei volentieri. Un caro saluto. Tonino

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