venerdì 28 febbraio 2014

Il Benzinaio

   
Verso il 1950, le iniziative agricole di mio padre non bastarono più a mantenere la numerosa famiglia, nel periodo in cui cominciava tutt’attorno una rinascita febbrile di attività più redditizie, anche lui cominciò a guardarsi attorno, per trovare prospettive e possibilità di nuove attività più redditizie.
      In campagna cresceva l’interesse verso un inizio di motorizzazione nei lavori agricoli, dopo gli animali da tiro e con carenza di danaro per costose macchine, il primo passo fu di adattare a modestissimi trattori una grande quantità di camion e mezzi militari accatastati in tanti enormi parchi di rottamazione. 

      Si trattava in genere di precari ripieghi, con gruppi di traino, di ruote adattate a girare su terreni arati e bagnati, con grandi fatiche con l’impiego di cose che non costavano quasi nulla, con saldature fatte da inesperti che davano enormi problemi e risultati modestissimi. 
   
Questi, rudimentali ed inaffidabili trattori, le carioca, non ebbero vita facile, ma molto meglio dei buoi ed altri animali. Nasceva in parallelo, per necessità di costruzione di case, di abitazioni, di trasporti di merci, ecc. tutta una serie di mezzi che utilizzavano nafta e benzina. La scoperta sul suolo e nei mari italiani di consistenti giacimenti metaniferi diedero inizio allo sviluppo dell’uso del metano in bombole al posto delle carissime benzine. 

    A questo settore mio padre rivolse lo sguardo e cominciò a contattare persone, trasportatori, punti possibili di distribuzione ed a cercare di imbastire un’attività di rivendita delle bombole per uso trazione. L'impresa fu ardua, per l’ottenimento dei permessi e delle modalità di esercizio e di sicurezza, per quanto allora fossero ridicole rispetto a quelle che poi in seguito sarebbero diventate.

I tempi per avere una licenza erano enormi, gli ingorghi machiavellici, le attese così estenuanti che solo la perseveranza di mio padre poteva affrontare. Alla fine gli ostacoli furono superati ed il primo distributore costituito da un minuscolo stanzino, il casotto, due scomparti separati da una parete in cemento armato per separare le bombole piene da quelle vuote, lo spazio per entrare ed uscire per i camion, qualche chiave, un tavolino ed una sedia per scrivere le ricevute e nulla più.

     Il primo posto lo aveva trovato a Modena e fece da scuola per capire cosa e come fare, per attirare i clienti e specie per movimentare le bombole (52 Kg, da muovere tutte 4 volte al giorno: scarico dal fornitore, togliere il vuoto dal cliente, montare il pieno e ricarico del vuoto al fornitore). Poi nel frattempo le bombole dovevano essere accatastate nel rispettivi scomparti !. 

     Inoltre occorreva diffondere l’uso del metano, farsi conoscere, attirarsi le simpatie, specialmente dei camionisti che avevano una propria particolare peculiarità, nel modo di fare, di parlare, insomma si trattava di entrare in quel mondo, condividendone lo spirito, a volte sopportandone gli eccessi, le parolacce, il modo rude, ma aperto, gioviale e allegro, anche nelle difficoltà, tipico degli emiliani. 

     Dopo poco tempo  papà capì che occorreva trovare un posto più confacente a tale attività, piuttosto rumorosa, per lo sbattere metallico delle bombole, per lo spazio necessario, più sulla rotta di passaggio del traffico interessato, fuori città, vicino ad altri servizi necessari o graditi agli utenti, come i bar, i posti telefonici, allora carenti, ecc. E lo trovò, sulla Via Emilia, a Rubiera fra Modena e Reggio E. 

     Qui il movimento si allargò arrivando ad una vendita da 15 a 20 bombole giornaliere. Un terzo cambiamento avvenne poco dopo, per adeguare meglio il tutto alle normative, allargare il giro ed essere più vicino alla nostra abitazione a Nonantola, trovando un posto lungo la Vignolese, precisamente dove ora si trova l’Università.

Alla fine del 1953 io avevo finito gli studi, mio fratello avrebbe avuto meno difficoltà nel proseguire, il commercio si era fatto imponente, mio zio Mario, il più giovane, del 1920, dopo molti anni di trattorista (trattori, non trattorie), era confluito nell’attività e con l’apporto anche mio, degli zii e dei cugini del Campazzo, costruimmo il casotto, l’Ufficio in muratura, le pareti divisorie, ecc., preparando di fatto la divisione in due della famiglia contadina di origine.

     Il 18/11/1954 questo avvenne e mio padre con la mamma, mia sorella, mio fratello oltre a me che ormai ero occupato fuori Modena, si stabilirono in Via Campi, quasi di fronte al Distributore, così allora si chiamò.  Quando mi sposai, nel ’57, la nostra abitazione era in Via Campi, 330. Essendo ancora le nostre condizioni economiche non tanto floride, sia per la provenienza che per le spese sostenute e le ripartizioni con gli zii, il mio viaggio di nozze fu rinviato a tempi migliori, anzi, proprio non fu mai fatto. 

     Nel tempo libero invece feci l’Album delle fotografie, mie, della famiglia, dei parenti, del Pantano d’Avio utilizzando le pagine di vecchi Albun di dischi, con un grande foro in mezzo, ad aiutare un po’ nel distributore e raccogliere quel po’ che non era andato perduto dei miei ricordi durante il trasloco. Poco tempo dopo la zona divenne l’area dell'entrata della nuova Università, zona ca cui bisognava  sloggiare. 

     Mio padre ed il fratello Mario decisero allora di acquistare una grande area, di 2000 mq, più avanti, sulla Vignolese, allora alla periferia della città, poco prima dell’incrocio con la circonvallazione. Qui il grande debito, per l’acquisto, tutto il riempimento per alzare il suolo da pavimentare di un metro, le opere murarie, di scolo, recinzioni, ecc. fu lungo ad essere assorbito.

     Ricordo ancora quante volte in quegli anni andavo da Ravenna a Modena per portare il gruzzoletto che mi restava per chiudere quanto prima il debito, che poi papà mi restituì, generosamente, con il successo dell’iniziativa ed anche per le condizioni più favorevoli maturate.
     Con il tempo, la vendita del metano si completò in stazione di servizio per prodotti petroliferi privata (Super Benz), in cui confluirono i cugini Renzo e Loris, nonché lo zio Marino, nell’ambito della Ditta dei Fratelli Tosatti e solo ultimamente si addivenne alla cessazione della vendita delle bombole, ormai al tramonto perché superate, ed al legame con una grande Ditta di prodotti petroliferi. 

     Quando papà a 74 anni, nel 1983, chiuse la sua attività, lasciando la propria parte al fratello Mario, rimase ancora per qualche tempo a seguirne l’amministrazione, la registrazione dei movimenti, le fatture, ecc. di tutta la clientela che fino ad allora aveva curato meticolosamente, come fosse la propria famiglia, ricambiando generosamente la fiducia che questi avevano fino ad allora riposto in lui. Conservo ancora alcuni degli ultimi documenti, cartelle ecc. che sono state il capolavoro della sua vita.

4 commenti:

  1. E anche oggi ho imparato qualcosa di nuovo: questo è per me un mondo sconosciuto e quindi ho letto tutto d'un fiato. Grazie per queste tue sempre interessanti testimonianze. Ti auguro un buon fine settimana. Ciao. Marilena

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    1. Grazie a te, Marilena, grazie. I miei scritti sono i miei ricordi. Ciascuno porta un tassello della mia vita, vissuta, a volte sofferta, a volte felice, non sempre interessante, non sempre nota, ma sempre una realtà e come tale raccontata, ma senza descrizioni ad effetto, che non so fare, forse è un pò meno interessante. Ciao Tonino

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    2. Sai Tonino, anche io quando mi racconto non so usare descrizioni ad effetto, ma come hai giustamente detto tu: ogni scritto porta un tassello della propria vita. Io dico sempre che non ho un blog per vincere il Pulitzer, ma solo per fissare certi momenti. E quei momenti possono anche non interessare a nessuno, ma è ininfluente se nello scriverli mi fanno stare bene e mi fanno tenere vivi certi ricordi. Tu continua a scrivere ... le tue esperienze sono sempre belle e istruttive e io ti ringrazierò sempre per ciò che apprendo da te.
      Ciao. Buona giornata. Marilena

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  2. Una bella esperienza anche questa ed anche senza descrizioni ad effetto... riesci a rendere vivo il desiderio di continuare a leggerti. Bella in questa pagina di vita, la presenza di una famiglia che appare molto unita.
    Un caro saluto.Manu

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