“Ghitan” (Gaetano) era un anziano ometto che, nella
seconda metà degli anni 30, faceva il falegname. Fare il falegname allora, per
i contadini del Campazzo di Nonantola, dove abitavo, voleva dire riparare una
sedia, rimettere il manico di una zappa, riparare il “giogo” delle mucche per
tirare l’aratro, ecc,
Alla domenica, Ghitan andava a far visita ai clienti che conosceva per procurarsi qualche lavoretto ma anche per infiorare i suoi
ripetutissimi discorsi avventurosi con qualche bicchiere di buon vino, di cui era
affezionato cultore. Egli viaggiava con una semplice e piccola bicicletta da donna nera, scassatissima e quindi adatta a lui.
Un giorno io vidi la bici davanti a casa e pensai
subito alla ghiotta occasione per imparare ad andare su quella, come avevo
visto fare da qualche amico più grandicello di me; avrò avuto cinque o sei
anni. Con la bici appoggiata al muro di casa vi salii sopra e con una spinta mi
misi a pedalare, Non arrivavo alla sella, ma i pedali erano più che sufficienti per sopportare il mio peso.
Così mi avviai lungo una carreggiata e la percorsi su e
giù alcune volte, ma poi sorse il problema di come “atterrare”. Passando davanti
ad un campo di grano già alto, quasi spigoso, decisi che quello era il posto
migliore per fermarmi.
Ripassando davanti al grano dove questo era più alto,
presi la rincorsa di traverso e mi tuffai. Ovviamente la bici mi si ribaltò
addosso e quando mi alzai mi accorsi che la ruota anteriore assomigliava più ad
un otto che ad un cerchio. Avevo imparato a salire sulla bici, ma per scendere mi
parve che occorresse inventare qualche altro modo meno complicato, specie per
le possibili conseguenze familiari.
La trascinai di striscio con grandissima fatica
fino dove l’avevo presa ed andai subito a nascondermi dietro al carro, sotto al
portico, lontano dal luogo del delitto, in attesa del giudizio universale. Non
ho udito le scene strazianti che temevo, non so come è finita, ma non è stata
la fine del mondo, forse sarà costata qualche fiasco in più, con la complicità
di mamma e con qualche altro attrezzo agricolo da riparare.
Anche mia mamma aveva una bicicletta simile, credo
un dono di nozze, che curava religiosamente, d’estate tutta polvere, d’inverno
tutto fango, ma quel gioiello per lei era tutt’altro che un “trabiccolo”; in
effetti faceva lo stesso egregiamente da mezzo di trasporto come in effetti avvenne, bastava accontentarsi.
Alla fine della guerra, per me ricominciò
finalmente la scuola. Da casa mia alla scuola a Modena c’erano circa 15 Km, da
fare ogni mattina e sera con quel “ronzino” disadorno, ma bella grazia. Per
quasi otto anni avanti e indietro, e quando faceva brutto tempo, per il tratto
della carreggiata da casa alla strada, più di un chilometro, spesso dovevo
essere io a trascinare la bici che si impantanava nel fango.
Solo nell’ultimo anno i miei genitori riuscirono a
comperarmi una vera bicicletta: una “Bianchi”, bella, rilucente con tutti i
pezzi marcati e cromati, con un vero fanale, freni magnifici, catarinfrangente, lucchetto, pompa, targhetta in rilievo di "Edoardo Bianchi", borsetta
portachiavi e perfino il campanello. Robe da sogno.
Finita la scuola, l'ho tenuta sempre a pennello, curata
gelosamente ed usata di continuo fino all’acquisto di un “Motom”, ciclomotore molto di moda all'epoca. Alla fine la bicicletta rimase ai cugini, per il
trasferimento dei miei genitori in città, nel ’54, quando io ormai lontano da Modena,
non avevo più l’occasione di servirmene.
Anche mia mamma più tardi, fino all’ultimo utilizzo
nella sua vita, aveva acquistato una nuova Bianchi, che ora giace ancora pressoché
inutilizzata come lontano e caro ricordo dei nonni, nel garage di mia figlia
Claudia.
che bella storia di vita vissuta e piena di sentimento! Riconfermo che è sempre interessante leggere il tuo blog.
RispondiEliminaUn caro saluto.Manu
Ciao Manu, che piacere risentirci!. Nei racconti della mia vita ci sono fatti modesti ed altri più importanti. Quest'ultimo, in linea con quelli piccoli, è un lucido ricordo di un passato "povero", ma che potrebbe insegnare qualcosa ai giovani di oggi!. Grazie amica mia, tu sei sempre in prima fila. Tonino.
EliminaChe bello questo racconto.. Complimenti Tonino . Andrea
RispondiEliminaGrazie,Andrea. E' uno dei molti racconti di ricordi della mia vita. Lusingato dei tuoi commenti. Tonino
EliminaMio figlio ha voluto che la nonna gli regalasse la sua vecchia Bianchi da donna. Ora è da un restauratore di queste bici d'epoca e con circa mille euro potrà essere rivestita di nuova giovinezza: non vedo l'ora di vedere com'è venuta :)
RispondiEliminaUn abbraccio Tonino
Ciao Nou
Anche tu con la bici Bianchi nuova! . Quella di mia figlia è quasi nuova. Vedrai che bella che sarà, rimessa a punto. Continuiamo ad essere in sintonia con i nostri ricordi. Era stata acquistata circa nel 1990, ma è stata usata pochissimo, purtroppo.
EliminaCiao Nou. Tonino